Ospitato l’1 Febbraio al Teatro Palladium con Op.22 N°2
- Il titolo della stagione è Vertigine. Cos’è per te una vertigine o vertiginoso?
Le Vertigini sono sensazioni di movimento oscillatorio, rotatorio.
Si tratta di sensazioni che provo spesso nel mio lavoro, a volte in maniera letterale, fisica.
Tutte le ricerche che ho svolto a oggi vanno verso l’esplorazione e l’accettazione di quelle sensazioni. Hanno a che fare con la paura e la fascinazione nei confronti dell’esistenza.
- Che potere ha la danza di cambiare l’immaginario e/o di agire il mondo?
Nel momento in cui sono presenti le condizioni affinché avvenga uno scambio di energia tra chi la esegue e chi la osserva, a mio parere, la danza può diventare un’esperienza trasformativa. Come quando ci si trova dinanzi a uno stormo di uccelli in volo, o all’aurora boreale…All’improvviso diventiamo consapevoli della nostra presenza.
- Nei tuoi lavori il corpo è sempre emerso come una costellazione generata da uno specifico vissuto e le scritture coreografiche, a loro volta, sembrano essere modellate a partire da tale specificità. Nel caso di Op. 22 No. 2 non hai scelto personalmente la performer con cui lavorare, sebbene tu avessi una lunga familiarità con Marta Ciappina. Cosa è emerso da questa “nuova” modalità operativa? E quale dialogo si instaura con l’universo de “Il cigno di Tuonela” di Jean Sibelius?
L’idea di creare un solo interpretato da Marta Ciappina a partire dalla musica di Sibelius è stata di Emanuele Masi, direttore artistico di Bolzano Danza.
Prima di accettare la sua proposta, ho discusso a lungo con i miei collaboratori e con Marta. Volevo essere sicuro che questa potesse essere una modalità di creazione alla quale ci sentivamo in grado di aderire.
Normalmente nel mio lavoro parto sempre dall’individuazione di una pratica preesistente: danze popolari, danza classica, sport, pratiche circensi, oppure azioni (ridere, saltare, girare, ecc…). A partire dall’oggetto della ricerca mi muovo verso l’individuazione dei soggetti, degli interpreti, intorno ai quali costruisco la composizione coreografica, la drammaturgia e i paesaggi visivi e sonori. In Op. 22 No. 2 è accaduto il contrario: il paesaggio e l’interprete erano già assegnati, dovevamo individuare la pratica.
La leggenda medievale dell’opera musicale si è imposta come materiale drammaturgico e assieme a Marta Ciappina ci siamo cimentati nell’individuazione delle possibili traduzioni sceniche. Abbiamo messo in campo i nostri desideri e le danze che negli anni abbiamo attraversato come pratica e immaginario, fino alla costruzione di un personaggio drammatico che coincide sia con la nostra restituzione del mito, che con l’identità della stessa Performer.