ospitata il 18 Febbraio al Teatro Palladium con Fàtico
- Il titolo della stagione è Vertigine. Cos’è per te una vertigine o vertiginoso?
Il vuoto che precede la creazione, sapere di stare per imparare una nuova lingua e prima ancora stabilirne un alfabeto emotivo e allo stesso tempo scientifico per affidabilità, a cui far riferimento. È quella sensazione a cui non riesco a non cedere, ed è solo durante la caduta che mi rendo conto di avere qualche strumento a disposizione per non frantumarmi. Per esempio continuo a stupirmi di poter fare affidamento sul mio corpo. A volte nonostante sia ben ancorata al suolo mi pare di fluttuare tra immaginazioni che mi scuotono con decisione e riflessioni teoriche con cui instauro una sorta di dialogo devozionale, per procedere nella scrittura.
- Che potere ha la danza di cambiare l’immaginario e/o di agire il mondo?
Portare il proprio corpo nei luoghi mi auguro possa essere sempre una scelta ed il massimo potere per tutte le persone. Per chi la danza la pratica per mestiere credo si tratti piuttosto del potere magico del corpo che ci arriva direttamente dalle Streghe che ci hanno preceduto e che ci permette di usare le nostre posture/posizionamenti come strumento di relazione, proprio all’interno di quel mondo e tra quegli esseri in mezzo ai quali agiamo e stiamo.
- Il rapporto tra corpo e archivio personale è al centro del tuo lavoro. Come il tuo corpo restituisce un materiale di memorie in scena e che rapporto si instaura con la materia vocale?
L’archivio a cui faccio riferimento è in realtà un archivio radicalmente estraneo a quello che considero il cuore della mia persona. Allo stesso tempo, riconosco che nel mio corpo affiorano una moltitudine di esperienze restituibili attraverso contrazioni muscolari, proiezioni di sguardi, disposizioni geometriche degli arti. Come libri e risorse che compongono l’enciclopedia personale di ciascunƏ. Ogni opera che porto a termine in forma scenica continua ad influenzare cosa succederà dopo, come in una sorta di drammaturgia espansa e in questa dinamica la voce fonda la topologia che di volta in volta viene proposta al pubblico, uno spazio che sempre allaccia ciò che si vede con ciò che si studia, ciò che si percepisce con ciò che si conosce, ciò che provoca piacere con la fatica e talvolta lo sconcerto.