ospitata con Monumentum the second sleep il 4 Aprile 2024, Spazio Rossellini
- Il titolo della stagione è Vertigine. Cos’è per te una vertigine o vertiginoso?
La vertigine è un’illusione di movimento – credi di muoverti o che lo spazio intorno a te si stia muovendo – e questo falso movimento ti fa girare la testa ! Ma è anche un aggettivo che usiamo per raccontare qualcosa di non misurabile, di grandissimo e sbalorditivo, ma anche qualcosa di talmente strano da essere fuori di testa ! Forse è una forma innocente del corpo, la vertigine dell’innocenza è l’abbagliamento di uno sguardo che confonde l’interno e l’esterno, che non distingue più il mondo materiale, oggettivato, espresso, da un’altra materia più sensoriale e immaginifica. E’ il sorgere di un fluire della psiche, il passaggio fluido della coscienza ad una realtà alternativa pluralistica e polimorfica, è un’esperienza senza confini.
- Che potere ha la danza di cambiare l’immaginario e/o di agire il mondo?
E’ fondamentale oggi, qui e ovunque nel mondo, cercare e agire a favore di qualunque libertà esista e coltivarla, fare spazio, aumentare i gradi di possibilità e diminuire i gradi di dominio. La danza è un fenomeno energetico, cioè una necessità del corpo di muoversi senza significato o di assecondare quella capacità cinetica, sensitiva, immaginifica del corpo e della mente che chiamiamo omeostasi, è un moto di felicità, è propriamente il movimento della felicità, niente altro. E’ per questo che la specie umana ha sempre danzato in qualche modo e che tutte le altre specie danzano a loro modo. La danza è un’anarchica, è il piacere indifferente al potere e alla potenza, rimette in discussione la dipendenza e la derivazione, è una composizione senza dominazione. Non è solo un allenamento cinetico, scolpisce anche un erotismo che permette nuove connessioni tra energia spirituale ed energia libidinale, in un continuo stato di struggimento. La danza è sicuramente femminile, unisce la nostra memoria con il nostro futuro, senza niente da perdere. Per questo ho sempre pensato o sentito, che lasciar accadere la danza è il massimo grado di lavoro possibile sul linguaggio, sulla fruizione e sul sensibile, tutti insieme senza soluzione di continuità. Bisogna lasciarla apparire, avere cura di questa apparizione, imparare a creare tempo e spazio per la propria danza in un mondo che minaccerà sempre di trascurarla o sminuirla. Un pomeriggio mentre passeggiavo sulla riva di un fiume, in lontananza ho visto degli uccelli, molto eleganti, forse della famiglia dei gabbiani o dei fenicotteri, tutti bianchi, che stavano ad asciugarsi al sole lungo il fiume. Non parlavano ma erano sicuramente insieme. Un gruppo effimero, forse composto sul momento, sicuramente danzavano.
- Monumentum the second sleep è parte di un progetto più ampio. Puoi raccontarcelo? Che tipo di relazione emerge tra i corpi in scena e gli universi tracciati dai vari “momenti” del progetto?
Monumentum sta come: memoria, documento, segno di riconoscimento, qualcosa che viene dal passato. Qualcosa che si sofferma e che fermando la progressione continua del flusso produttivo, si sposta nella profondità della memoria, in una sorta di anacronismo temporale, moltiplicando gli sguardi lungo il filo della coreografia. E’ il titolo più contraddittorio che abbia mai usato sino ad ora, perché contiene il desiderio di riconoscersi disconoscendo le possibili relazioni tra desiderio, piacere, capitale e potere, sprofondare dentro le immagini, diventarne la copia esatta per ribaltare le costrizioni in gradi di libertà. Se le zone d’estasi del reale sono anche zone di produzione di senso, quest’ultimo si manifesta in Monumentum senza erompere ma in una specie di abbandono nella danza, una specie di sonno perpetuo o di secondo sonno, uno stato di morbidezza in cui i corpi si lasciano plasmare e trasformare pur mantenendo la capacità di discernere e asserire. L’atmosfera è quella di una penombra che si fa sempre più scura, la consistenza di questa atmosfera sembra poter riavvolgere i corpi, genera una condizione vertiginosa, un’altra possibilità di visione, una postura del corpo non sopraffatta dal riconoscimento costante della propria immagine. Questo titolo dunque contiene, forse un pò pomposamente, il desiderio di far emergere l’agency della soggettività come una risorsa viva, una memoria collettiva fatta di gesto, musica, outfit, un’intimità radicale che conduce a una certa nudità della presenza, a uno stato vibrante del pathos corporeo che si lascia modellare in onde mimetiche di espressione. Monumentum è costruito su due figure spaziali arcaiche, un triangolo e un cerchio, un cerchio dove i corpi tracciano la coreografia al ritmo di una linea errante, compongono le atmosfere come modo di percepire e come modo di vivere, é uno spazio dove è possibile giocare con il tempo, far apparire all’improvviso anche solo uno sguardo, una forma di contemplazione reciproca, perché guardare contiene già tutto, parole suoni ritmo linguaggio.