Alfonso Barón/Poyo Rojo ospitato il 7 e 8 Marzo Un poypo rojo e Dystopia
Dalla creazione dello spettacolo ad oggi sono trascorsi 15 anni, 33 paesi e più di 1400 rappresentazioni. All’inizio il contesto sociale, politico ed economico era molto diverso da quello attuale, tuttavia l’empatia del pubblico è pressoché unanime e immutata.
Il corpo può trasmettere un’infinità di cose, bisogna essere preparati a raccontarle ed essere preparati ad ascoltarle. Partendo dal fatto che la danza è ricerca con il proprio corpo e con il corpo dell’altro, possiamo dire che genera costantemente nuove conoscenze. Per stare sul palco serve un corpo altamente allenato, e quando dico corpo non mi riferisco solo al fisico ma anche a quello spirituale e mentale. Per essere sul palco devi avere un grande stato di allerta, saperti adattare, rimanere idratato, mangiare e riposare bene. A volte sei tu a prendere le redini, ma altre volte è la scena che si impone, quindi devi dialogare costantemente con essa, accettare, cedere, cosa non facile. Quando parlo di scena mi riferisco al pubblico, all’inclinazione del palco, alla temperatura in sala, alle tue emozioni, al cibo che hai mangiato prima, ai preparativi precedenti, a tutte le persone che lavorano affinché tutto sia pronto per iniziare lo spettacolo e molte altre cose. Se un corpo non è preparato a sopportare e gestire tutto ciò che comporta “stare in scena”, la platea lo sentirà immediatamente.
3-Il distopico in Dystopia è raccontato da un insieme di elementi che operano contemporaneamente al video, alle telecamere, ai testi, ai personaggi, alle contraddizioni, alla correttezza politica, all’ipocrisia, alle contraddizioni e a molte altre cose.