Oltre a un interesse puramente tecnico nel muoversi con la marionetta, c’è anche un interesse concettuale che riguarda un dialogo interno, una conversazione con un alter ego, immaginario o apparentemente reale. Leggendo un racconto di Edgar Allan Poe del 1932 intitolato “Le Duc de l’Omelette” ho iniziato a considerare l’idea di mettere in scena una conversazione con il diavolo, considerando quest’ultimo come demone interiore, un dialogo interno che potesse essere reso visibile chiedendomi chi sia l’alter ego a cui ci rivolgiamo e come interagisca con la percezione di noi stessi. Ulteriori conversazioni con altri artisti e colleghi mi hanno indirizzato verso il concetto di non-dualismo, dei modi in cui percepiamo il bene e il male e questo mi ha portato a fare delle ricerche sul mio retaggio indiano e sullo Shivaismo. L’aspetto più interessante che ne è scaturito è l’idea della contemplazione e dell’osservazione che riafferma il concetto di un pezzo meditativo in cui lo studio della lotta per l’equilibrio è l’obiettivo in sé. E forse l’intenzione è semplicemente questa, un’illustrazione o un ritratto, un’osservazione senza giudizio e un viaggio per trovare l’equilibrio o addirittura la pace.