Mauro Astolfi/Spellbound Contemporary Ballet in scena con Unknown Woman e Trust dal 21 al 22 Gennaio
Unknown woman è costruito sulla pelle di una tua storica performer, come credi che interagiscono l’archivio delle posture e dei gesti che caratterizzano la tua ricerca e l’archivio personale del suo corpo?
Credo che Unknown woman si sia in qualche modo auto generato, è stata una semplice trascrizione di ricordi, stati d’animo paure, blocchi emozionali a volte molto forti, che hanno permesso a me Maria nello specifico di conoscerci in modo abbastanza concreto e ruvido. L’archivio dei gesti, delle posture di tutte le dinamiche che si servono del corpo godono di molti canali preferenziali a differenza della parola scritta o parlata. La parola sottende, chi l’ascolta travisa o filtra inesorabilmente attraverso la sua struttura mentale ed emozionale… e a questo non si scappa. il corpo ha una valenza, una possibilità unica. I nostri due “archivi“ si sono interfacciati tranquillamente, come un incastro un’articolazione creata da un falegname giapponese con il suo legno. Io e Maria abbiamo dovuto solo metterci vicino, e abbiamo cominciato a farci proposte, io le proponevo dei movimenti che per me significavano qualcosa, che mi ricordavano lei in un momento particolare, lei mi forniva la sua di proposta, mi diceva che in alcuni di quei momenti non era proprio andata così… il corpo si è istantaneamente ricollegato a quei momenti, io mi sono ricordato alcuni dettagli, lei ha scelto di mettere in evidenza e dare priorità a qualcuno dei suoi ricordi. Il corpo conteneva già tutto questo.
Quanto i corpi dei tuoi performer influenzano le tue coreografie? Come definiresti il corpo che costruisci per la scena? Quali immaginari dischiude?
Sono totalmente influenzato dai corpi dei miei performer, non chiaramente solo nel senso di un qualsivoglia riferimento estetico, ma da tutta la miscela di percezioni e di sensazioni che sono comunque cristallizzate in quel corpo. Non esiste un corpo per la scena, piuttosto esiste la decisione di un corpo di attraversare la scena lasciando quante più tracce possibili. Le immagini sono infinite, così come le loro ricombinazioni, ho sempre sentito, percepito immaginato il movimento come una quarta dimensione, sicuramente una materia diversa, ma non qualcosa che accade da un corpo verso qualcuno o qualcosa… ma piuttosto come una manifestazione diversa della nostra vita, una voce che si sente forte, che rimbomba che può farsi sentire anche molto lontano. Il corpo produce rumore anche quando si muove piano, anche quando dorme, restituisce continuamente tutto quello che abbiamo pensato, che abbiamo temuto, che abbiamo sperato e che abbiamo amato fino a quel momento.
Come la danza rilancia gli immaginari legati al corpo e come immaginiamo quello sul palco di domani?
In parte è come se già avessi sfiorato questa risposta, ma credo intensamente che la danza abbia il potere di fare molto di più che rilanciare un immaginario, la danza facilita la spiegazione di tutto il nostro essere attraverso il corpo, la propone in una chiave non opinabile. Non c’è un contraddittorio di qualsiasi tipo rispetto a quello che il corpo sta comunicando in quel momento. Quindi, più che trattarsi di immaginario, direi che forse alcuni aspetti della nostra vita quotidiana dovrebbero trarre ispirazione insegnamento da un corpo che danza. Non c’è occasione migliore per essere se stessi. Non riesco a rispondere a come posso immaginare il palco di domani, perché non riesco a prevedere quanto profonda potrebbe essere l’evoluzione o l’involuzione della nostra specie. Potrei solo proiettare una visione di quello che mi piacerebbe che fosse. Ma non credo sia interessante al momento.
Puoi donarci delle parole chiave da depositare nel nostro archivio di desideri legati al corpo in scena Diafanie. Appunti sul corpo?
La danza ha forse bisogno di non “sentirsi” danza, perché appunto in quel momento si pensa di fare qualcosa di speciale e di straordinario… conosciamo la chimica del corpo, la sua fisiologia e restiamo certamente affascinati quando vediamo una performance che muove qualcosa in noi. Ma siamo quasi sempre sconnessi del corpo, o meglio, decidiamo di ascoltarlo quando a volte è troppo tardi… Danzare per quel tempo che dura, riconnette il corpo alla mente e alla nostra struttura emozionale, non so quante altre attività umane riescano a produrre lo stesso risultato. Se c’è un appunto che io personalmente mi sono scritto per non dimenticarmelo mai molti anni fa, è stato quello di fidarmi solo del corpo, tutto il resto potrebbe non essere vero.