Flavia Dalila D’Amico: Un attacco In Levare in musica è posizionare l’accento su una nota debole, quel sospiro che ci allevia per un attimo da un continuo battere. In Levare però è anche ribellarsi, levarsi a rumore insieme. Per la tua vocazione e ricerca artistica, ti ritrovi più nella prima o nella seconda definizione?
Daniel Ben Ami: È interessante perché vengo dal mondo della breakdance e trovo un senso di comfort nel breaking che è nato nelle strade, all’interno di una comunità che dà valore alla libertà, alla creatività e al rispetto reciproco. Nel breaking si può essere veramente se stessi, senza regole rigide. I cyphers, le sfide e la musica creano un’atmosfera familiare in cui si prova un profondo senso di appartenenza. Al contrario, quando sono sul palcoscenico in una performance di danza contemporanea, mi sento un ribelle, come se stessi facendo qualcosa che rompa la “norma”. Questa sensazione di ribellione deriva dal fatto di entrare in un mondo con regole ed “estetiche” consolidate. Portare movimenti di rottura in questo spazio è un atto di sfida, che spinge dei confini. Mi trovo quindi diviso tra questi due sentimenti, ma riesco a trovare una connessione personale in entrambi i mondi.
Flavia Dalila D’Amico: Può dirci su cosa lavorerai durante la residenza di Umak?
Daniel Ben Ami: Durante la settimana di residenza, ho intenzione di esplorare nuove connessioni con Tamar (la danzatrice) e di cercare diversi stati ed energie che ci guidano all’interno della musica e dell’interazione tra i nostri corpi. Mi propongo di estendere il duetto e di ampliare ulteriormente i movimenti che già esistono nello spazio.