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Valerie Tameu

ospitata in residenza al Teatro Biblioteca Quarticciolo con Dove Hanno Tremato le Placche – prova aperta 9 Febbraio

  • Il titolo della stagione è Vertigine. Cos’è per te una vertigine o vertiginoso?

La vertigine per me è come trovarsi in sospensione, un senso di smarrimento che sfida la percezione, creando un equilibrio precario tra ciò che è reale e ciò che percepiamo. Questa esperienza coinvolge sia il mio corpo che le mie emozioni portandomi in uno stato di eccitazione e incertezza.

  • Che potere ha la danza di cambiare l’immaginario e/o di agire il mondo?

La danza possiede il potere di trasformare l’immaginario e di influenzare il mondo aprendo nuovi spazi di comprensione. A volte, questi spazi si rivelano attraverso fratture e lacerazioni della materia, mentre in altre occasioni sembra quasi di scivolare in un vuoto sconosciuto, ma allo stesso tempo accogliente e dolce.

  • Il rapporto tra corpo e archivio è al centro del tuo lavoro. A quale archivio fai riferimento e attraverso quale prassi si incarna nel tuo corpo? O come viceversa il tuo corpo restituisce una materiale di memorie in scena?

Il mio lavoro si focalizza sul legame tra corpo e archivio, considerando il corpo come una sorta di deposito di memorie. Questa idea prende forma attraverso l’esplorazione e l’evocazione di ricordi durante la performance di Dove Hanno Tremato le Placche. Durante l’azione, esploro le caratteristiche di oggetti, medium e materiali, mantenendoli con me. Ogni evento modifica il corpo e gli oggetti, poiché questi assorbono e riflettono l’intensità dell’esperienza. La performance esplora la tensione tra l’interno e l’esterno, rivelando una profonda intimità durante l’azione. Questa introspezione, tuttavia, funge da ponte verso il tema più ampio dell’invisibilizzazione delle storie e delle memorie delle comunità legate alla diaspora africana in Italia. Questa traccia è stata al centro del mio percorso di ricerca, sia negli archivi storici che in quelli personali e popolari. Ridiscutere le logiche dell’archivio è stato interessante, cercando diverse modalità di mappare, riordinare, disorganizzare e classificare gli eventi. A livello personale, ho avvertito la necessità di muovermi in modo affettivo tra gli oggetti e le cose, al di là delle coordinate date dall’esterno.

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