Thomas Noone, ospitato il 10 Maggio con Impostor, Spazio Rossellini
Il titolo della nostra stagione è “Vertigine”. Che cosa significa per lei “vertigine”?
Per me vertigine significa letteralmente provocare le vertigini, per eccitazione, altezza o fisicità estrema e credo che nel mio lavoro mi sforzi di ottenere esattamente l’opposto: nell’esecuzione, nell’austerità strutturale e nella semplicità. Eppure, allo stesso tempo, gli oggetti stessi, l’ambientazione luminosa, la colonna sonora contribuiscono a creare un’esperienza viscerale, qualcosa che potrebbe essere considerato vertiginoso. Questo paradosso mi incuriosisce: usare qualcosa di semplice e antico come la marionetta e combinarlo con la giusta dose di tecnologia intenzionale può creare un’esperienza viscerale e vertiginosa per chi osserva.
Chi è l’“impostore” nel tuo lavoro? Che tipo di immaginario si riversa sui corpi quando danzano con oggetti non umani, come una marionetta?
Nella performance non c’è un unico impostore, la questione è piuttosto chi sostituisce chi. Nell’opera inseguo l’idea della non dualità e che non ci sono assoluti, ma diverse posizioni tra le polarità, e come tali tutte le persone presenti costituiscono un’unica essenza. Questo si sposa a meraviglia con l’idea dell’animare una marionetta e crea una contraddizione visiva su chi controlla chi, chi occupa il ruolo di protagonista e chi semplicemente sta al gioco o è giocato.
Per me è interessante osservare quando la presenza del mio corpo è necessaria per far vivere la marionetta e quando invece deve svanire sullo sfondo, è importante concentrarmi su questo spostamento di attenzione dal mio corpo di danzatore a quello dell’oggetto, eliminando le possibilità di ossessione sul sé.
Che potere ha la danza di cambiare gli immaginari legati al corpo e di influenzare il mondo?
Non credo che la danza influenzi direttamente il mondo! ma credo che debba risvegliare una coscienza critica che poi si applica alla vita quotidiana. Credo che il fatto stesso che siamo capaci di creare forme artistiche e che scegliamo di guardarle, dimostri il nostro desiderio di condividere, riflettere, essere curiosi, essere critici. Se in qualche modo ciò che vediamo sul palcoscenico ci fa mettere in discussione ciò che vediamo intorno a noi e chi siamo, ci ricorda chi siamo, allora mi auguro che questo sia forse non qualcosa di grandioso come un mondo migliore, ma un mondo equilibrato, aspirante e riflessivo…