ospitato con un focus al Teatro Biblioteca Quarticciolo il 20 Gennaio con Anna Cappelli e il 21 Gennaio con METAMORPHOSIS Trilogia – Larva, Blatta, Sapiens
- Il titolo della stagione è Vertigine. Cos’è per te vertiginoso?
VERTIGINE è per sua etimologia una “distorsione della percezione sensoriale dell’individuo”. Quale parola può descrivere meglio il presente? In una costante alterazione dell “Io”, scombussolati dagli eventi, dalle circostanze, dai mutevoli assetti politici, sociali, ambientali, ci ritroviamo incapaci di leggere la realtà e non sappiamo davvero quali strumenti utilizzare per affrontarla. Come “bestioline”, ci sporgiamo per guardare oltre il recinto, veniamo avvolti da un vortice invisibile che ci mostra il nostro personale abisso e comincia una danza sospesa tra il rischio e la fascinazione per l’ignoto: una “vertigine”, una “voragine”.
Trovo che a questa parola appartenga un’estrema fisicità: possiamo fisicamente provarla, rappresentarla, esserne portatori. È uno stato che coinvolge simultaneamente mente e corpo nella sua interezza, portandoci a una differente lettura del tangibile, rimettendo in discussione i pensieri, le azioni. Sento una forte corrispondenza tra il termine “vertigine” e la mia attuale ricerca sulla Metamorfosi; penso siano parte della stessa matrice legata alla trasformazione interiore. La vertigine è un turbine che agita la percezione, mentre la metamorfosi è il processo di mutamento profondo, entrambi rappresentano un viaggio nella dimensione della trasformazione personale e sociale.
Il Teatro è “vertigine”. Credo che questa espressione sia fortemente in relazione con il ruolo dell’Artista, generatore per sua natura di vertigini per sé e per il pubblico; infatti senza l’innesco di una reale vertigine, difficilmente si riuscirà a trovare la chiave per la traslazione del “reale”. Ritengo che occorra in primis una personale “vertigine” all’interno del processo creativo, seguita dalla precisa costruzione di una solida “vertigine” narrativa nella quale immergere lo spettatore.
- Sei ospite con due lavori che in qualche modo ritraggono degli stati del corpo transitori. Nel primo caso tra movimento, voce, lucidità e follia. Nel secondo tra animale e bestiale. Quale corpo o corpi emergono o vorresti che emergessero dalle tue ricerche e pratiche?
Da qualche anno sto attuando un percorso di ricerca e creazione sui differenti principi di Metamorfosi. Entrambe le creazioni sono legate, seppur differentemente, allo stesso ambito di indagine. Vorrei invitare gli spettatori alla riflessione sui molteplici spettri dell’anima.
Ogni tanto sento il bisogno di ricordare e riaffermare la meravigliosa tridimensionalità dei corpi e degli spazi, credo che nell’affrontare come artisti ed esseri pensanti la complessità del presente sia necessaria, ma talvolta ce ne dimentichiamo. In questo tempo di investigazione ed azione sto tentando di raccontare, non con poca difficoltà, una moltitudine di corpi, una fioritura di forme mutevoli, una sorta di “wunderkammer” dell’umana specie.
Le due performance sono rappresentative di questo flusso e comprendono una transdisciplinarietà di linguaggi: la scrittura fisica, l’utilizzo della parola parlata e cantata, una forte componente drammaturgica. La tematica metamorfica è affrontata con diverse declinazioni: partendo dalla pura e fisica immagine larvale che si trasforma in blatta e successivamente in umano, si passa all’oscillazione tra le necessità e la necessarietà, utili alla sopravvivenza dell’uomo, si attraversa la tematica dell'”ego” come cardine dell’azione e dei bisogni arrivando a trattare le questioni ambientali contingenti e i conseguenti cambiamenti climatici. I corpi emersi da questo primo periodo di ricerca sono sorprendentemente tutti diversi, ma accomunati dall’alternanza tra una staticità interna/esterna legata al passato e agli eventi e il forte desiderio di trasformazione.
Credo che, più che mai ora, ci sia davvero bisogno di un rinascimento umano.
- Che potere ha la danza di cambiare l’immaginario e/o di agire il mondo?
Finché ci limitiamo a parlare settorialmente di Danza, credo che il suo potere di comunicare e il nostro potere di agire come artisti sulla collettività siano davvero limitati. Preferirei piuttosto parlare del fare Arte e del suo potere di influire sul pensiero individuale e comunitario. Penso che recentemente si sia innescato un grosso misunderstanding tra cosa è Arte e cosa l’intrattenimento e che questo non aiuti a comprendere il vero potere evolutivo della prima. Sta a noi artisti, con responsabilità ed onestà, agire un pensiero e renderlo materia viva.
Diafanie è un atlante di riflessioni legate alla corporeità che Orbita vuole costruire insieme a coloro che ne attraversano la scena. Una serie di appunti, senza pretesa di organicità e compiutezza, che tentano di esplodere e complicare i discorsi che precipitano sui corpi. Quest’anno il termine guida delle riflessioni è VERTIGINE, titolo della stagione danza 2024 curata da Valentina Marini. La parola deriva dal verbo latino verto, cioè girare, nell’accezione comune è quell’illusoria sensazione di movimento del proprio corpo o dello spazio intorno a sé. Nella nostra idea VERTIGINE è un sussulto che stravolge per attrazione e timore insieme. L’adrenalina del rischio seguita da un rimbalzo di sollievo dato dal potersi aggrappare a qualcosa o qualcuno. VERTIGINE è lo spaesamento di fronte a un presente sempre più sospeso nel vuoto, cui cerchiamo di rispondere tenendoci per mano, in bilico tra responsabilità e trasporto radicale.