Con grande emozione comunichiamo il progetto vincitore di CREAZIONI ACCESSIBILI 2025: One, Two, Through del duo Carulli-Capanna/Company Blue. Anche quest’anno la partecipazione è stata numerosa e la scelta molto difficile. Abbiamo premiato la scommessa di tradurre un saggio fortemente radicato sul regime della vista (Davanti al dolore degli altri” di Susan Sontag), in una dimensione che possa cedere il passo allo spazio del sentire. Per la volontà di abbracciare la sfida ad investigare le traiettorie “sensoriali” che orientano il nostro sguardo sulle tragedie odierne, esponendoci a tempi funesti, auguriamo a Sara Capanna e Barbara Carulli buon lavoro, in attesa della residenza di Dicembre!
C’era una volta…
Sospensione di narrazione. Distrazione, farfuglio, omologazione, controllo. Intermittenza di un fenomeno ad intervalli più o meno regolari. Nello spazio della sospensione entra il sentire: la relazione di due corpi in contatto che si fanno specchio, immagine, forma l’uno dell’altro, trasversalmente, obliquamente, azione attiva di passaggio tra uno stato e un altro, per affrontare una sofferenza lontana, e lasciare da parte, l’abitudine di distogliere lo sguardo.
Lo abbiamo davvero immaginato? Se assumiamo lo spazio di interruzione con consapevolezza, cosa accade?
scegli come vedere
scegli come sentire pubblicità fine.
L’interstizio che c’è tra due corpi è sia luogo di risonanza sia di confine. Dare forma all’incontro, dunque il through della relazione che tiene insieme due polarità, molto vicine o molto lontane, è il focus della ricerca.
I corpi sottoposti alla bulimia di immagini, alle dinamiche di consumo e alla spettacolarizzazione del dolore si assottigliano e perdono il senso del loro ‘esserci’. La danza, fatta di movimenti molecolari, vibrazione, riflessione e contorsione, sguardi vuoti e pieni, puntiformi e periferici, si fa spazio di interruzione. Prendendo consapevolezza del through sarà allora possibile una nuova relazione dove il guardare non resta sempre e soltanto guardare.
Riflettendo sul testo Davanti al dolore degli altri, nel quale S. Sontag propone un’argomentazione sulla fruizione delle immagini, intrecciandosi con il tema della spettacolarizzazione della violenza, notiamo come ci siano delle questioni ancora irrisolte e non del tutto sviscerate e incorporate. Come scegliamo di guardare queste immagini? Qual è il grado di intensità emotiva di questa esperienza? La danza che emerge dalla relazione tra i due corpi in che modo può diventare tentativo di risposta a queste domande? Le immagini di dolore sembrano perdersi all’interno di un flusso di informazioni, pubblicità e consumo. Che cosa accade nello spazio di interruzione?