ospitato con un focus il 18 e 21 Febbraio al Teatro Palladium con Denti e White Out
- Il titolo della stagione è Vertigine. Cos’è per te una vertigine o vertiginoso?
È un momento in cui il futuro si allinea in maniera così netta con il presente da toglierci il tempo per respirare. Quell’istante in cui il tutto si focalizza in unico gesto al quale ci si può solo abbandonare. Vertigine è coraggio, vertigine è eccitazione, vertigine è paura, vertigine è amore.
- Che potere ha la danza di cambiare l’immaginario e/o di agire il mondo?
La danza mantiene l’onestá dove le parole la perdono. Il gesto, il corpo, il movimento non possono mentire, la danza, anche la più piccola e nascosta, personale e profonda, sarà sempre l’indicatore più potente di come stiamo. In questo modo la danza agisce sul mondo, restituendoci fiducia e capacità di abbandono e di conseguenza la libertà di essere noi stessi.
- Sei ospite in stagione con due lavori che in qualche modo ritraggono degli stati del corpo transitori. Nel primo caso tra linguaggio acrobatico e danza contemporanea, ma anche tra desiderio e incubo. Nel secondo tra la vita e la morte, tra eccitazione e paura. Quale corpo o corpi emergono o vorresti che emergessero dalle tue ricerche e pratiche?
Mi auguro che ne esca un corpo autentico, che possa veicolare l’immaginazione del pubblico nel profondo delle tematiche che i due lavori portano sul palco. Un corpo universale a cui tutti possano affidare la propria idea di ciò che stanno guardando e ritrovarla intatta alla propria sensibilità. Un corpo che superi le barriere e limiti fisici che lo definiscono, per divenire strumento narrante ed emotivo al di lá delle sue forme e della sua apparenza.