Flavia Dalila D’Amico: Un attacco In Levare in musica è posizionare l’accento su una nota debole, quel sospiro che ci allevia per un attimo da un continuo battere. In Levare però è anche ribellarsi, levarsi a rumore insieme. Per la tua vocazione e ricerca artistica, ti ritrovi più nella prima o nella seconda definizione?A cosa ti rimanda “In levare”?
Michael Incarbone: “In levare” mi fa pensare spontaneamente a quello spazio sospeso tra l’appoggio di un passo e il successivo, l’intervallo in cui il peso si alleggerisce dando la possibilità al corpo di aprirsi ad una nuova riconfigurazione. Mi affascina particolarmente mettere in lente di ingrandimento questo momento in cui l’aria si fa materia, il vuoto si carica di potenzialità e l’assenza di peso diventa forza propulsiva.
“In levare” è vertigine dell’attesa, sospensione e slancio, disequilibrio e nuova direzione.
FDD: Verso quale orizzonte si muovono i corpi di fin che ci trema il cuore e quali vibrazioni assorbono?
MI: In “Fin che ci trema il cuore”, i corpi si fondono in un paesaggio in continua trasformazione, diventando essi stessi orizzonte. Qui, il corpo non è solo presenza fisica, ma materia che tende alla dissolvenza del proprio peso e alla sfocatura dei propri confini. La sua essenza è la leggerezza, una particolare composizione della materia che tende alla trasparenza, al miraggio, mentre il suo linguaggio si articola in tonalità e temperature attraverso inquadrature cinematografiche caleidoscopiche. Queste figure visibili sono rivolte ad un desiderio sensibile e concreto, motore di tutto lo svolgersi della trama coreografica, ovvero quello di spostare la percezione dal visibile all’invisibile in un continuo gioco di risonanze.