Attraverso l’esperienza collettiva della meraviglia, la coreografia è una riflessione sulla fragilità degli ecosistemi costieri e marini e sulla nostra relazione con essi.
Il protagonista è il mare: come materia e come contesto. La spiaggia, come ambiente offeso e troppo spesso volgarizzato, diventa il teatro: il palcoscenico il mare, le quinte il fondo marino, il proscenio il bagnasciuga.
È il mare ancora sacro nonostante l’Antropocene, grembo verso il quale i performer sono attratti, mettendo in danza la loro umanissima nostalgia verso un’armonia perduta. La musica ritrova il suono del Mare sulle corde di una viola. La performance unisce danza contemporanea, acrobatica circense, danza aerea e verticale, dando spazio ad assoli e momenti corali.
La sabbia, l’acqua, il buio, il respiro.
I performer danzano su un’onda che continuamente ritorna su sé stessa, “che unisce due mondi incongiungibili” – il mare e l’essere umano – “che si hanno davvero solo nel momento in cui si perdono”. Ritrovando la possibilità di una nuova armonia.