Flavia Dalila D’Amico: Un attacco In Levare in musica è posizionare l’accento su una nota debole, quel sospiro che ci allevia per un attimo da un continuo battere. In Levare però è anche ribellarsi, levarsi a rumore insieme. Per la tua vocazione e ricerca artistica, ti ritrovi più nella prima o nella seconda definizione?A cosa ti rimanda “In levare”?
Viliam Dočolomanský: Mi ritrovo in entrambe le accezioni di “In levare”. Ogni buona musica dovrebbe avere questo tipo di accenti sincopali “nascosti”, che alleggeriscono l’intera frase e rendono la nostra percezione vivida e risvegliata. Lo stesso vale per il movimento o il fraseggio vocale, qualsiasi espressione che i nostri interpreti e musicisti fanno sul palco.
Lo stesso vale per i temi contemporanei. Hanno un impatto globale sulla nostra vita, ma in qualche modo ci sono nascosti. Spesso non riusciamo a vedere ciò che è più essenziale. Ma quando troviamo il coraggio di affrontarli, diventiamo più vivi e reali. Ci riporta al nostro io fondamentale e dimenticato.
Questo può essere il dono di un momento vivido a teatro, quando un’esperienza reale viene trasmessa dagli interpreti al pubblico. Non abbiamo bisogno di capire, ma una volta che l’azione reale accade, la sentiamo, ci stiamo risvegliando.
FDD Nel tuo lavoro parti spesso da un fatto reale (Commander) o da un fenomeno attuale (Refuge). Qual è il metodo che usate per trasformare un documento in una partitura fisica e in un processo estetico?
VD: È un processo lungo e complesso che inizia con l’empatia. I miei interpreti e collaboratori si abbandonano alle esperienze reali delle diverse persone che intervistiamo all’inizio del processo di ricerca di ciascun spettacolo. I dialoghi ci fanno vivere momenti forti, anche estremi. Ci lasciamo influenzare e iniziamo a rivalutare la società e il mondo in cui viviamo. In questo modo ci lasciamo trasformare dall’interno, trasformandoci non solo come artisti ma soprattutto come individui. Da questo movimento interiore nasce il movimento fisico esteriore della partitura, così come i motivi musicali, la partitura vocale, la scenografia, tutto. Nessuno è solo un interprete che si nasconde dietro forme estetiche. Tutti siamo ricercatori e creatori, improvvisando e condividendo ciò che ha mosso ciascuno di noi. È una sorta di alchimia: i risultati mi sorprendono sempre. Questo modo di procedere non mi permette di annoiarmi. Un viaggio di questo tipo durante la creazione artistica è sempre più prezioso al giorno d’oggi.
Non cerchiamo di creare qualcosa di popolare, piuttosto di arrivare all’essenza dell’argomento, alla realtà, a noi stessi, immergendoci nell’esperienza. Come se fosse la nostra ultima performance.